Sassi contro i cani: ecco cosa rischia chi ci prova
Nessuno mette in dubbio che alle volte i cani non educati di alcuni vicini possano dare fastidio: sentire abbaiare continuamente un cane, anche per chi ama gli animali, può suscitare un certo nervosismo. Questo in ogni caso non legittima in alcun modo un comportamento aggressivo nei confronti di questi esseri indifesi che, per quanto potenzialmente rumorosi se mal gestiti, devono sempre e comunque essere tutelati. E questa volta la giurisprudenza è dalla loro parte.
Una recente sentenza della Cassazione ha confermato che lanciare sassi contro i cani del vicino rappresenta maltrattamento di animali.
Lancia sassi contro i cani del vicino e spera di farla franca
La triste vicenda processuale nasce dalla denuncia del proprietario dei cani, che decide di procedere in giudizio contro un vicino di casa ritenuto responsabile di aver lanciato sassi contro i quadrupedi che si trovavano sul terrazzo della propria abitazione.
Nello specifico, la parte lesa aveva scoperto della violenza subita dai propri animali grazie ad un impianto di videosorveglianza privato, il quale aveva immortalato il comportamento aggressivo del vicino.
Dopo essere stato condannato per maltrattamento di animali (art. 544-ter c.p.), il ricorrente decide di impugnare la sentenza di secondo grado in Cassazione lamentando il fatto che la condanna era basata su un quadro probatorio incompleto. Nello specifico, l’imputato lamenta che in sede di processo siano stati utilizzati solamente i filmati forniti della parte civile e derivanti da videosorveglianza installata illegalmente. Inoltre, il fatto che la parte civile non avesse subito danni, comportava – secondo l’imputato – l’impossibilità di procedere contro di lui.
Sassi contro i cani: cosa dice la Cassazione
Per la Cassazione, però, la legge è assolutamente dalla parte degli animali. In particolare, nella sentenza si legge che “le riprese video allegate alla denuncia-querela non sono soggette alla disciplina delle intercettazioni e costituiscono invece prove documentali legittimamente acquisibili ai sensi dell’art. 234 c.p., mentre la tutela della riservatezza non è assoluta, ma sub-valente rispetto all’esigenza di acquisizione probatoria propria del processo penale”.
Gli Ermellini riconoscono il buon lavoro svolto dai giudici di secondo grado, i quali hanno correttamente ricostruito il dolo diretto e intenzionale dell’imputato, il quale – come si vedeva chiaramente dai video – si era avvicinato allo spazio sotto al terrazzo e, dopo aver preso la mira, aveva scagliato dei sassi contro i cani della parte lesa.
Se non ci sono danni si può chiedere risarcimento
La Cassazione, poi, spiega che nonostante i cani fortunatamente non fossero stati colpiti, il fatto delittuoso sussiste ugualmente.
Nella sentenza, infatti, viene spiegato anche come “ai fini della condanna generica al risarcimento dei danni, non è necessaria la prova della concreta esistenza di danni risarcibili, essendo sufficiente l’accertamento della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e dell’esistenza di un nesso di causalità tra questo e il pregiudizio lamentato, desumibile anche presuntivamente”.
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