È reato non portare il cane malato dal veterinario?
Se si prende un cane e, quando si ammala, non lo si fa curare, la legge è molto chiara: si commette il reato di maltrattamento di animali. Un cane malato va curato!
Non ci stancheremo mai di dirlo: avere un cane è un impegno e una responsabilità. E, come per qualunque scelta della vita, se non si mantengono gli impegni presi si deve far fronte alle conseguenze che questa mancanza comporta.
I primi due gradi di giudizio e l’accusa
La corte d’Appello di Bologna aveva confermato, in parziale riforma, la decisione del Tribunale di Modena di condannare al pagamento di 10mila euro di multa per il reato di maltrattamento di animali (art. 544 ter c.p.) l’imputato. L’uomo, proprietario di un cane meticcio, non aveva adottato i provvedimenti necessari ad assicurare il benessere e la salute del cane, mettendone in pericolo la sua sopravvivenza.
Il cane malato era stato trovato vagante e in pessime condizioni di salute, con diversi tumori mammari di grosse dimensioni e ulcerati, con dermatite in varie zone del corpo e calli da decubito, oltre ad artrosi agli arti posteriori e anteriori.
Il ricorso del proprietario del cane malato
Il proprietario del cane ha proposto ricorso alla sentenza di condanna affermando che “non essendo un veterinario non si è reso conto della gravità della malattia del cane” e per tale motivo doveva essere mandato assolto per mancanza di prova in ordine all’elemento soggettivo del reato. In sostanza il ricorrente ritiene di aver omesso le cure, senza essere consapevole della loro necessità per la salute e la sopravvivenza dell’animale.
Secondo la difesa, quindi, l’imputato può essere accusato solo di trascuratezza, ma non certo di volontà di cagionare al cane una sofferenza e una malattia simile. Inoltre – secondo i difensori dell’imputato – la condotta del proprietario non avrebbe direttamente cagionato la lesione al cane, in quanto “la malattia individuata dal veterinario (massa di probabile natura neoplastica) non sarebbe stata cagionata dal ricorrente, non potendo così integrare in alcun modo l’elemento oggettivo richiesto dalla norma incriminatrice.”
La Corte di Cassazione ritiene infondato il ricorso
Nel ricorso, la difesa quindi attraverso la contestazione del dolo, ossia della volontarietà della condotta dell’imputato in nesso causale con l’evento lesivo, mira ad una riqualificazione del reato verso la forma meno grave (di natura contravvenzionale) prevista dall’art. 727 codice penale che punisce invece “chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze” per la cui integrazione è sufficiente il grado di colpa.
Non è dello stesso avviso la Suprema Corte che, respingendo il ricorso, dichiara che il protrarsi della malattia senza adeguate cure, per limitarla o debellarla, configura, le lesioni rilevanti ex art. 544 ter cod. pen., affermando il seguente principio di diritto:
«Configura la lesione rilevante per il delitto di maltrattamento di animali, art. 544 ter, in relazione all’art. 582, cod. pen., l’omessa cura di una malattia che determina il protrarsi della patologia con un significativo aggravamento fonte di sofferenze e di un’apprezzabile compromissione dell’integrità dell’animale».
Per ulteriori informazioni su questo argomento, non esitare a scriverci a info@avvocatoanimali.it
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