Condannata la padrona se il cane scappa dal cancello e morde un passante
Se il cane scappa dal cancello di casa e morde un passante il padrone è responsabile e può essere condannato per il reato di lesioni personali colpose: a ricordarlo è la Corte di Cassazione.
I primi gradi di giudizio: padrone responsabile se il cane scappa
Il Giudice di Pace di Vibo Valentia ha dichiarato l’imputata responsabile di lesioni personali colpose (art. 590 c.p.) condannandola alla pena di 800 euro di multa. Secondo il giudice la donna, non adottando le misure necessaria alla custodia del suo cane, avrebbe omesso di impedire che l’animale di grossa taglia aggredisse la persona offesa causandogli una lesione alla coscia sinistra.
Il giudice di merito aveva confermato che la donna, nell’aprire il cancello elettrico, non si era premurata di non fare uscire il cane dalla recinzione, che aveva così aggredito la persona offesa e il suo cagnolino.
Il ricorso in cassazione
Con il ricorso in Cassazione l’imputata sostiene il vizio di motivazione secondo cui il giudice si sarebbe limitato a una mera ricostruzione del fatto senza procedere al doveroso approfondimento sulla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato (la colpa).
La Cassazione con sentenza 13464/2020 ritiene il ricorso infondato giudicando corretto l’operato del giudice di merito che, esaminato i fatti, ha riscontrando la sussistenza di un rapporto di causalità tra la condotta colposa dell’imputata e la lesione subita dalla parte offesa.
Viene infatti ricordato che si trattava di un cane di grossa taglia e che era riuscito ad attaccare il passante poiché l’imputata non aveva adottato le necessarie misure di cautela nella custodia del cane, tant’è che questo era uscito dal cancello dell’abitazione non appena la proprietaria lo aveva aperto.
La giurisprudenza in merito: se il cane scappa e fa danni il padrone è responsabile
Nella sentenza la Cassazione ha richiamato parte della giurisprudenza in merito, ricordando che
secondo la giurisprudenza di legittimità (Sez. 4, n. 51448 del 17/10/2017, Rv. 271329; Sez. 4, n. 34813 del 2/7/2010, Rv. 248090), l’obbligo di custodia degli animali ai sensi di tale disposizione sorge ogni qualvolta sussista una relazione di semplice detenzione, anche solo materiale o di fatto, tra l’animale e una determinata persona non essendo necessario un rapporto di proprietà in senso civilistico. Ed invero tale posizione di garanzia prescinde dalla nozione di appartenenza e risulta irrilevante il dato formale relativo alla registrazione dell’animale all’anagrafe canina o all’apposizione di un microchip di identificazione (Sez. 4, n. 17145 del 17/1/2017). Ed ancora, in materia di lesioni colpose si è specificato che la posizione di garanzia assunta dal detentore di un animale impone l’obbligo di controllarlo e di custodirlo adottando ogni cautela per evitare e prevenire le possibili aggressioni a terzi anche all’interno dell’abitazione (Sez. 4, n. 18884 del 16/12/2011 Rv. 18814) e che la pericolosità del genere animale non è limitata esclusivamente ad animali feroci ma può sussistere anche in relazione a quelli domestici o di compagnia come il cane, di regola mansueto, così da obbligare l’adozione di tutte le possibili cautele necessarie a prevenire le prevedibili reazioni dell’animale ed idonee a neutralizzare il rischio di eventi pregiudizievoli per i terzi, prevedibili alla stregua delle norme di comune esperienza (Sez. 4, n. 6393 del 10/1/2012, Rv. 251951).
Affinché si possa escludere la colpa rappresentata dalla mancata adozione delle cautele nella custodia di animali, dunque, non è sufficiente che il cane si trovi in un luogo privato e recintato ma serve che tale luogo abbia caratteristiche idonee ad evitare che l’animale possa sottrarsi alla custodia e al controllo, superare la recinzione, raggiungere la pubblica via ed arrecare danno a terzi (Sez. 4, n. 47141 del 09/10/2007).
Per questo motivo il ricorso viene rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali.
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