Affidare gatti a persone inadeguate è abbandono di animali
Andare in vacanza e affidare gatti ai propri figli minori, residenti in un’altra casa, è un grave segno di indifferenza verso gli animali e, secondo la Cassazione, configura il reato di abbandono di animali.
Non sempre è necessario legare un cane al guardrail della Tangenziale per abbandonarlo, anzi! Gli Ermellini si trovano ancora una volta a ricordare che si configura il reato di abbandono di animali anche con l’incuria e la non curanza dei propri animali domestici, situazione apparentemente meno grave di altre ma altrettanto dannosa e lesiva.
Per il Tribunale l’imputata è colpevole
Il caso giuridico è iniziato quando Tribunale di Ivrea dichiara l’imputata responsabile del reato di abbandono di animali (dettato dall’art. 727 c.p. e secondo cui “Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l’arresto fino ad un anno e con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro”). La donna è ritenuta responsabile di aver detenuto tre gatti in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze avendoli fatti vivere in una situazione di scarsa igiene con presenza di urine e feci sparse su giornali distribuiti sul pavimento e con la lettiera satura di escrementi.
La difesa, “avevo affidato i gatti a un conoscente”
La difesa dell’imputata impugna la sentenza del Tribunale affermando che la donna, prima di partire per le ferie estive, “aveva delegato il compito di accudire i propri animali domestici a un conoscente che, però, aveva poi negato il suo supporto, tanto che era stata costretta a incaricare i propri figli della cura degli animali.” Secondo la difesa, inoltre, un gatto domestico può “resistere senza subire le conseguenze di un abbandono per alcuni giorni e la situazione di sporcizia presente nell’appartamento era dovuta a un furto subito e alle condizioni di caldo e umido tipiche della stagione estiva”.
I legali dell’imputata hanno così inquadrato una situazione differente da quella ricostruita dal giudice di primo grado, che non comporta alcuna volontà né colpa da parte dell’imputata e mediante la quale si chiede l’annullamento della sentenza: un quadro che, però, non convince affatto la Cassazione.
L’abbandono di animali secondo la Cassazione
I giudici di legittimità hanno ritenuto il ricorso dell’imputata inammissibile ricordando che “Le gravi sofferenze non vanno necessariamente intese come quelle condizioni che possono determinare un vero e proprio processo patologico, bensì anche meri patimenti” come quelli subiti dai gatti dell’imputata, lasciati per giorni nell’incuria più assoluta.
La Corte si trova ancora una volta – per la fortuna di una giurisprudenza sempre più volta alla tutela degli animali! – a dover ricordare che sono penalmente rilevanti non solo quei “comportamenti che offendono il comune sentimento di pietà e mitezza verso gli animali per la loro manifesta crudeltà, ma anche quelle condotte che incidono sulla sensibilità psicofisica dell’animale, procurandogli dolore e afflizione”.
Il reato di abbandono di animali è stato infatti riconosciuto anche in situazioni quali la privazione di cibo, acqua e luce, o delle precarie condizioni di salute, di igiene e nutrizione (come in questo caso).
Inoltre, precisano gli Ermellini, “la grave sofferenza dell’animale – richiamata dall’art. 727 c.p. – deve essere desunta dalle modalità di custodia che devono essere conciliabili con la condizione propria dell’animale in situazioni di benessere”.
Affidare gatti a persone inesperte, lasciandoli nell’incuria durante le vacanze, è abbandono di animali
Nel caso concreto, il Tribunale ha evidenziato come, durante i sopralluoghi effettuati dai Carabinieri e dalla guardia zoofila, sono stati rinvenuti nell’appartamento della donna – i cui mobili e divani erano ricoperti da escrementi ammuffiti e urine – tre gatti affamati e denutriti rinchiusi in una stanza.
Uno dei gatti, peraltro, presentava un’escrescenza sul muso che, a seguito di una visita veterinaria, è risultata essere un tumore molto esteso tanto che l’animale è poi stato sottoposto a due interventi chirurgici ma, aggravatosi in maniera irreversibile, è stato soppresso.
La detenzione in condizioni simili dei tre gatti, costretti a vivere in un luogo ristretto e malsano per un lungo periodo e senza le cure di cui necessitavano, è una situazione da ritenersi certamente incompatibile con la loro natura e produttiva di gravi sofferenze, ancor più evidenti per il gatto malato.
Il fatto che l’imputata avesse affidato a terzi la cura dei gatti non riduce le sue colpe: infatti la decisione della donna di delegare la cura degli animali ai propri figli minori (che vivevano con il padre presso i nonni e che si recavano dalla madre a giorni alterni) non la discolpa affatto, essendo soggetti prevedibilmente inadeguati ad occuparsi del compito assegnato loro. L’imputata avrebbe dovuto affidare la cura dei propri gatti a una struttura di custodia e cura.
Tutti questi principi, enunciati dal giudice di primo grado, vengono ritenuti adeguati e logici dalla Cassazione che riconferma la sentenza impugnata e annulla il ricorso.
Non è obbligatorio portare i propri animali domestici in vacanza, anzi: ma è indispensabile prendersi cura di loro lasciandoli in luogo sicuro dove, in assenza del proprietario, staranno bene e avranno tutte le cure necessarie. In caso contrario, come dimostra il caso di oggi, si rischia di incorrere in abbandono di animali.
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