Piano Lupo e maxi-multa in provincia di Bolzano
Vi riportiamo la pubblicazione del nostro articolo sul “Piano Lupo” e maxi-multa in provincia di Bolzano sul numero di Aprile 2019 di Quattro Zampe.
“Lupi e orsi non si toccano”: il ministro Costa annuncia il “Piano Lupo”
Il precedente: la recente condanna della Provincia di Bolzano e dell’Ufficio Caccia e Pesca di Bolzano per “l’ingiusta e ingiustificata uccisione di 2.655 esemplari, in particolare molte marmotte”.
Un milione di euro per mettere in campo azioni sperimentali di mitigazione specifiche per i territori. È la somma contenuta nel #PianoLupo che prevede anche la difesa degli orsi. Perché “lupi e orsi vanno protetti e tutelati”, ha assicurato di recente il ministro dell’Ambiente Sergio Costa. Il piano segna “un percorso di convivenza coi lupi e ben ventitré punti per gestire la convivenza e mitigarne gli effetti senza abbattimenti”.
“L’ho sempre detto e lo ripeto: lupi e orsi non si uccidono”, ha ribadito il ministro tornando da due intensi giorni in Trentino Alto Adige dove ha voluto incontrare i presidenti delle province autonome di Trento e Bolzano, Maurizio Fugatti e Arno Kompatscher. “Non è un mistero che abbiamo posizioni lontane”, ha precisato Costa, “ma non per questo inconciliabili. Un punto deve restare fermo: lupi e orsi non si abbattono! Ho detto loro, e ripetuto ai cittadini, che proprio dopo questa mia visita in Trentino depositerò alla conferenza permanente Stato regioni il Piano Lupo, che è stato completato, con il prezioso supporto dell’Ispra”.
Maxi-multa per aver fatto uccidere specie protette
Da notare che nella giurisprudenza ci sono interessanti precedenti a favore degli animali selvatici da proteggere. In particolare, grazie alla Lav, lo scorso giugno la Corte dei Conti – organo con funzioni amministrativa di controllo e giurisdizionale – ha condannato Alois Durnwalder, ex presidente della Provincia di Bolzano, ed Heinric Erhard, ex Direttore dell’Ufficio Caccia e Pesca di Bolzano a pagare una pena pecuniaria che ammonta precisamente a 1.136.250 di euro a favore dello Stato per aver legittimato l’uccisione di animali selvatici da tutelare. In particolare, i due condannati sono stati ritenuti colpevoli per aver emanato per anni decine di decreti che hanno consentito l’uccisione di migliaia di animali selvatici protetti dalle norme europee e nazionali. I decreti di autorizzazione incriminati erano stati prontamente impugnati dalla Lav davanti al Tar, che li ha poi sospesi per grave carenza di istruttoria e motivazione.
Enorme danno economico
La reiterata adozione di atti illegittimi ha prodotto un enorme danno economico alle casse dell’Amministrazione provinciale di Bolzano. Durante il primo grado di giudizio sono stati ritenuti integranti gli estremi di colpa grave a carico degli imputati. È così emersa la gravità delle decisioni assunte dall’amministrazione provinciale che hanno arrecato un grave danno allo Stato, consistente nell’ingiusta e ingiustificata uccisione di 2.655 esemplari tra merli, volpi, stambecchi, cormorani, marmotte. L’abbattimento di questi esemplari, in assenza delle condizioni richieste dalla legge e di istruttoria o motivazione, è da considerarsi come illegittima distruzione dei beni pubblici.
La reiterata adozione di decreti di prelievo affetti dalle medesime carenze istruttorie e motivazionali integrerebbe chiaramente, in capo ai convenuti, gli estremi della colpa grave.
I nuovi principi della sentenza
La sentenza della Corte d’Appello della Corte dei Conti, dopo aver accertato l’illegittimità dei decreti di caccia emanati dai funzionari, stabilisce dei principi rivoluzionari. Secondo la sentenza, infatti, ogni singolo animale appartenente alla fauna selvatica ha un suo valore, anche a prescindere dalla sua collocazione nel contesto ambientalistico e nell’ecosistema, con il relativo danno erariale in caso di sua uccisione illegittima. La regola generale delle norme a protezione della fauna selvatica per la Corte è il divieto di abbattimento di ogni singolo animali.
La Corte dei Conti riconosce la possibilità di consentire deroghe al principio di divieto di uccisione, ma tali deroghe sono sottoposte a rigorosi presupposti, in assenza dei quali l’abbattimento di ogni singolo animale va configurato come ingiustificata violazione del divieto normativo imposto e, quindi, foriero di danno erariale, di misura pari al valore di ogni singolo animale ucciso. Questo perché “ciascun singolo animale appartenente al patrimonio indisponibile dello Stato, oltre ad avere un valore in quanto parte di un eco-sistema, ha un valore economico come singolo esemplare e in quanto è fuori di dubbio che la normativa di settore, oltre a tutelare l’ambiente e l’eco-sistema, mira a tutelare anche il singolo animale. È, infatti, proprio la tutela del singolo animale la ratio di tutte le previsioni che ne condizionano l’abbattimento alla ricorrenza di rigorosi e comprovati presupposti: solo laddove sussistano comprovate esigenze superiori, specificamente individuate di settore per ciascuna specie, è consentita la soppressione del singolo animale.
“Abbattimenti ingiustificati e indiscutibile valore intrinseco degli animali soppressi”
Nel caso di specie, la Procura Regionale, lungi dal contestare ai convenuti il danno all’ambiente e/o all’ecosistema, ha contestato loro meramente il danno diretto al patrimonio indisponibile dello Stato, derivato da ciascun singolo abbattimento ingiustificato e connesso all’indiscutibile valore intrinseco dell’animale soppresso in violazione del divieto”. I principi enunciati dalla sentenza citata sono importanti anche perché saranno da monito per chi ha il compito di amministrare e proteggere la fauna selvatica.
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